UN TETTO SULLA TESTA O UNA BASE SOTTO I PIEDI
Le Avventure di Maggie Mee
Piu’ alta vuoi sia la struttura, più profonde dovranno esserne le fondamenta.
– St. Agostino
Per me l’acconciatura significa forma. E’ molto importante che le fondamenta siano fatte bene.
– Vidal Sassoon
Qualcosa sta gocciolando su Maggie Mee. Una, due, tre gocce. Maggie Mee le conta nel dormiveglia, sperando sia l’effetto 4D del sogno avventuroso in cui è impegnata. Le gocce diventano quattro e poi cinque e poi così tante che diventa impossibile contarle. Faticosamente, Maggie Mee apre gli occhi e nel buio pesto della stanza brillano un paio di punti sul soffitto, da cui intravede chiaramente il cielo piovoso.
– Anvedi – borbotta con la voce impastata – vai a vedere che mi piove in testa! – Per pigrizia, si sposta sul lato del letto lontano dai buchi del tetto, sperando che la pioggia non sia forte e che non la obblighi a trascorrere il resto della notte a cercare secchi e ad asciugare infiltrazioni. Si riaddormenta fiduciosa, sicura che Santo Squat la proteggerà anche questa volta. Quando si sveglia, ormai riposata, il sole splende e la pioggia che gocciola in casa non è che un ricordo confuso e si spinge volenterosa verso l’esterno, contenta di poter approfittare del sole mattutino per una passeggiata. Decide di dedicarsi a una delle sue attività preferite: house-spotting o, per dirla alla francese, “lèche-maison”. Sì, perchè- si dice – non bisogna mai dimenticare di fare offerte quotidiane al santissimo protettore di rifugi e giacigli!
Si tenderebbe a pensare che la venerazione di Santo Squat sia inversamente proporzionale al desiderio umano primitivo ed istintivo di avere un tetto sulla testa. Ovvero, che si sia maggiormente portati a coprire di libagioni e ad invocare preghiere al rifugio quando un rifugio non lo si ha e si e’ costretti a vivere per strada. È diffuso il pregiudizio che la necessità di votarci a tale Santo sia anche motivata dal desiderio di non avere una fissa dimora e di vagabondare per il mondo felici e parassiti dipendendo da chi, appunto, la casa ce l’ha. Maggie Mee non crede in queste dicerie e parte quindi all’avventura per cercare di svelare il mitico “segreto della casa”. La incuriosisce come il bisogno umano di avere una casa sia parte un contorno che viene continuamente strumentalizzato e usato contro di te. -Vuoi una casa tesoro? Vieni che te la dò io una casa perfetta. Te ne dò quante ne vuoi di scatolette pericolanti. Vedi che se stai stretto starai meglio e se senti i vicini scoreggiare nel letto avrai migliori rapporti umani. Ti farà bene, migliorerai le tue capacità di tolleranza. Se poi sei uno che desidera del verde, ti consiglio di andare a comprare una bella vernice verde smeraldo o di comprarti un paio di piante da appartamento, magari di plastica, così durano di più e non sporcano. – oppure – Non hai una casa tesoro? Sei uno sfigato di prima categoria, uno di quelli con la barba lunga che si trascinano dietro lezzo di spazzatura? O sei mica l’ennesima vittima di quei colpi di vento che chiamano tifoni? Ah ok, allora ti mando un euro per comprarti il kit di ricostruzione rapida, basta che non vieni a casa mia.
Maggie Mee gira l’angolo ed ecco subito una vecchina, decrepita dietro le mille rughe e la gobba pronunciata, seduta su una panca. Dietro di lei, un cantiere. Seghe che tagliano e martelli che battono; si erigono muri e si asfalta il sentiero di casa. Davanti a lei, lo scheletro di un’antica casa in legno, quella che è stata spostata per far spazio alla nuova. La vecchina la guarda. “Non ne trovi più di legno così, sai?” Maggie Mee la osserva in silenzio, la contempla mentre la vecchina sospira guardando la capanna in cui probabilmente ha passato la maggior parte della sua vita, a mettere a posto il tetto e sfornare bambini. La vecchina sospira nostalgica, probabilmente dimentica di aver sempre desiderato vivere in una villetta a schiera con parcheggio integrato, lisce pareti di cemento, luccicanti piastrelle scivolose sul pavimento e soprattutto non dover fare i turni per l’unico letto.
Maggie Mee prosegue il suo giro e decide di seguire una signorina su tacchi instabili che la invita a vedere la show-room delle ultime novità di quartiere: bilocali in un grattacielo residenziale in costruzione.
-Vede- apostrofa la venditrice sfoderando un sorriso melenso sotto litri di fondotinta e spesse pennellate di rossetto – è quasi già tutto venduto. Un vero successo, il condominio più prestigioso della città – aggiunge, scoppiando poi in una risatina che lascia intravedere denti gialli e non curati. Allibita e incuriosita da tale personaggio, Maggie Mee la segue senza aprir bocca e la lascia discorrere liberamente su investimenti e proprietà, percentuali e mercato immobiliare. Maggie Mee ascolta, ma poi si perde tra gli zeri e preferisce rimanere in silenzio mentre si fa accompagnare nel giro dell’ormai mitica showroom. Entrata nella minuscola scatola, Maggie Mee si guarda intorno, e ci mette un nanosecondo. Incastri perfetti riescono ad accomodare un letto, studio e salotto in pochi metri quadri che condividono con la cucina.
– Ma non era un bilocale? Domanda timidamente. – infatti, vede che coglie il punto! L’ho notato dall’inizio che era una tipa sveglia! Il concept è esattamente questo: vivere le comodità di un bilocale senza il costo aggiuntivo dei metri quadri in più che, come dimostra questa show room, in realtà non servono, visto che si può godere di tutto in meno spazio! Non è geniale? Ah! Deve conoscere l’interior designer, peccato che ora stia girando il mondo a dare conferenze….sa com’è, con tutti i posti affollati e piccoli che ci sono, vedi come sfonda il progetto. Le ho detto, si tratta di un ottimo investimento! Maggie Mee sorride, ma non dice una parola. La signorina la guarda con attenzione e cambia strategia. -Se è interessata, è anche possibile pagare a rate; può fare un mutuo, magari con il suo fidanzato- aggiunge facendo l’occhiolino. Un bel nido solo per voi. Trent’anni di mutuo solamente e ve la siete pagata. Non male eh? –
Maggie Mee ringrazia e dolcemente si lascia scivolare fuori dal mostro di acciaio e vetro per godersi il resto della giornata di esplorazione. Si sente già fortunata, due chicche notevoli e non ha praticamente lasciato il quartiere.
Che cos’è una casa? O, meglio, che cos’è una casa tua? Quando ci paghi le tasse? Quando sei tu ad aver scelto mobili e tende? Quando ci appoggi i bagagli tra un viaggio e l’altro o quando cucini nel tuo speciale bordello e dormi tra le tue lenzuola pulite? Maggie Mee non è certa che il punto della questione sia questo. Non e’ neanche convinta che se desideri una casa sei automaticamente un “tossico del domicilio” e che finirai per forza succube del primo agente immobiliare per avere un buco in cui vivere. Ovvero non e’ detto che una casa sia una semplice scatoletta e bene di consumo. O forse sì? Maggie Mee non si dà pace, non riesce a rispondere neanche ad una di tutte queste domande. E così, prosegue la sua perlustrazione sperando di trovare indizi che la portino vicino al significato della parola “casa”: un termine di solo quattro lettere ma denso di sfaccettature, pratiche e simboliche.
Non stiamo parlando di forme, intendiamoci. Questo non è un giro turistico che vuole sottolineare peculiarità architettoniche o far notare dinamiche sociali con spruzzate di conclusioni antropologiche della domenica. Maggie Mee sta cercando qualcosa di più profondo, sta cercando di spiegare quella sensazione di sollievo e di scioglimento viscerale che capita di provare in particolari spazi che accolgono i suoi stracci e spazzolino. Vuole scovare il motivo dietro l’angoscia di rimanere per strada e l’ansia da nomadismo.Non stiamo parlando di forme, anche se, nota Maggie Mee ripensando alla nottata, da che mondo è mondo tutte le case hanno una base e un tetto.
Appartamenti, ville e caverne; case sugli alberi o su una barca; tende, tendone e campi tendati; assembramenti umani fatti di città, villaggi o di due case in croce. C’è chi il tetto ce l’ha spiovente e chi ce l’ha piatto, chi l’ha coperto di tegole e chi di lamiera o amianto per fare in fretta spendendo poco. Il punto è, comunque, che il tetto sicuramente fa casa. Metti due pareti, ma senza tetto non vai da nessuna parte. Un tetto è sufficiente per riposare e riflettere, due condizioni basilari per vivere. Ma anche li’, non e’ tutto.
Nella testa, intanto, le rimbombano frasi fatte e lette nelle riviste patinate piu’ vendute, quelle che ti dicono come vivono gli altri e come si deve vivere, per intenderci.
Chi crede di sapere tutto sostiene che una volta usciti di casa, sia difficile tornarci.
Pero’, riflette Maggie Mee, sono gli stessi che dicono che sia più pericoloso uscire di casa che incatenarsi dentro.
Dicono che se ci torni, a casa, sia sempre perché qualcosa è andato storto. I figli fanno una capatina tra un lavoro e l’altro o tra una relazione e l’altra – umiliati ma sempre arroganti – oppure non vanno mai via, preferendo la schiavitù dalla mamma alla schiavitù del sistema.
Chi invece sa tanto ma non dice molto sostiene che una volta che ti abitui a stare senza casa, poi non la cerchi più.
Dicono che se esci dal sistema infernale di bisogno che si tramuta in desiderio e poi in ossessione, te ne liberi del tutto e l’attaccamento a una casa ti sembra ridicolo.
Maggie Mee si siede su una panchina per riflettere e, all’angolo della strada, ecco pezzi di cartone e delle coperte, un sorriso sdentato brilla nell’ombra tra due palazzi. Le cade lo sguardo sul pezzo di cartone appoggiato per terra e legge: – Nei momenti difficili, cede solo il terreno gia’ sdrucciolevole -.
Nota solo dopo l’uomo seduto per terra e autore della frase qui sopra citata. Lui, invece, sta osservando Maggie Mee gia’ da un po’. Lei che nervosamente si guarda intorno, immersa in mille pensieri. Di colpo lui scoppia a ridere, come se i due stessero conversando da ore, come se ogni discorso fosse gia’ scontato, detto e ridetto.
-Le fondamenta sono quello che cerchi, i pilastri, la base del tutto – apostrofa lui – Un tetto lo trovi per strada, a volte basta un ombrello. Lei sobbalza, guarda stupita il senzatetto e si rende conto che sta piovendo. – No! Ci risiamo! Ecco che mi tocca tornare a casa a tappare i buchi! –
Maggie Mee è fradicia e miracolosamente nell’acquazzone riesce a ritrovare la strada di casa. Entra veloce e, mentre si asciuga, guarda seccata e un po’ innervosita il letto bagnato di gocce che colano dal tetto. E’ delusa della sua giornata, le sembra di aver girato a vuoto senza capire niente. Sarebbe dovuta rimanere a casa a riflettere e non saltellare per la citta’ alla ricerca di chissa’ cosa. – Perche’ – si dice sedendosi sulle lenzuola bagnate- probabilmente il segreto della casa non e’ nelle case, ma sotto, nelle fondamenta. In quello che della casa non si vede ma che la sorregge. – Ecco cos’e’ sotto la protezione di Santo Squat! – sorride Maggie Mee, finalmente soddisfatta.Una casa sono radici, perché a volte trappola, a volte guscio,
a volte inferno di dinamiche di convivenza e altre rifugio silenzioso, connettono silenziosamente il mondo che ti sostiene. Così sposta il letto, mette un secchio per raccogliere l’acqua che cola, cambia le lenzuola e va a dormire, senza dimenticare di ringraziare l’ormai over citato Santo.