PRIGIONIERI NEL PROPRIO MONDO – L’AMBITA N95
Le Avventure di Maggie Mee
“La nebbia aveva invaso la città, una nebbia spessa, opaca, che involgeva le cose e i rumori, spiaccicava le distanze in uno spazio senza dimensioni, mescolava le luci dentro il buio trasformandole in bagliori senza forma né luogo.”
La fermata sbagliata – Marcovaldo e le stagioni in città –
Italo Calvino
Sogno o son desta? Maggie Mee si tasta il braccio. Si guarda intorno. Cielo lattiginoso e un pallido sole arancio che emette una luce tremante da dietro una coltre spessa color fuliggine. Tossisce da dietro la mascherina. Torna a guardarsi intorno e le strade sono vuote, strabuzza gli occhi e fa un paio di salti sul posto. Già le manca il fiato. L’aria è pesante, gli occhi lacrimano. Le strade sono semi-deserte; le poche figure che si avventurano solitarie per strada camminano a occhi bassi, mascherina sul viso e passo abbastanza rapido per raggiungere la prossima destinazione il prima possibile, ma non troppo in fretta per non finire ad ansimare causa mancanza di ossigeno. La scena ha un che di famigliare e dopo poco si rende conto che l’ha già vista in migliaia di film. Era la fine del mondo, gli attacchi degli alieni, l’esplosione di una nube tossica o l’impatto di un meteorite? Che cosa vuol dire che bruciano le foreste e milioni di persone soffocano a km di distanza? La testa le pulsa e non sa se è per il fumo o per l’ondata di pensieri che l’ha travolta.
Maggie Mee si tasta il braccio, preme i pollici contro le tempie. E’ sveglia. Quello che vede è tutto vero. Incrocia lo sguardo di qualcuno dei rari passanti e c’e’ vuoto e tristezza. C’e’ impotenza e rabbia repressa. O forse non c’e’ niente, pensieri annebbiati dalla foschia. Con passi misurati e velocità controllata, finalmente Maggie Mee riesce a coprire la distanza che le manca per arrivare allo spazio condizionato più vicino. Si barrica dentro, anche se la foschia persiste. Si sente meglio in uno spazio limitatamente riparato dall’apocalisse in forma di spesso fumo che si alza all’esterno, anche se l’aria che respira è la stessa.
Non pensava sarebbe finita così. Eppure gliel’avevano detto, e non solo i libri di fantascienza o i film di fiction post-apocalittica. Tutti i pezzi del puzzle sono già lì. Semplicemente non li aveva accostati o materializzati sul serio. Non sono storie sul riscaldamento del pianeta, reportage su rifugiati climatici o scoop su inquinamento dell’aria o dell’acqua. Non sono immagini da paesi lontani e sfigati montate in modo melodrammatico, non sono paroloni ed esagerazioni da militante di Greenpeace, non sono statistiche sulla deforestazione o sulle tonnellate di mercurio negli oceani. Sono i suoi occhi ad essere lacrimanti e gonfi, la sua testa a pulsare, persone che conosce bene a tossire di fianco a lei. Sono che il frigo è vuoto e solo andare a fare la spesa le sembra una missione, sono che quando si sdraia sul letto e chiude gli occhi le sembra di avere un macigno che le pesa sulle palpebre. Sono che ha persino nebbia in cucina.
Maggie Mee si concentra. E mentre in automatico si alza, bagna uno straccio e lo usa per tappare gli spiragli sotto la porta di ingresso, le viene un sussulto. Apre il computer, le dita come impazzite, continua ad aggiornare la pagina che indica l’indice di PSI, l’ormai famoso Pollutant Standard Index. Sono giorni che ha ormai superato i livelli di guardia e raggiunto valori storici. Un tasso da 101 a 200 indica aria insalubre, fino a 300 molto insalubre e oltre i 300 la qualità dell’aria è dichiarata pericolosa. Ora siamo a oltre 400 e non da’ cenni di scendere. E’ nervosa, fumerebbe una sigaretta. Ma solo il pensiero le fa venire la nausea, i vestiti già puzzano di fumo, la stanza è invasa dalla foschia che si infiltra da fuori, l’umore e’ bassissimo. Le informazioni su giornali o internet sono inesistenti o ridicole. Ci si incolpa l’un l’altro, tutti negando qualsiasi tipo di responsabilità. Singapore accusa l’Indonesia di non applicare le norme vigenti contro gli incendi nelle foreste primarie, le autorità indonesiane accusano Singapore di comportarsi in modo infantile e di lamentarsi per “danni causati dalla natura, non dall’Indonesia”. In tutto ciò, le grandi aziende di olio di palma mantengono il silenzio. Per lo più originarie da Singapore e Malesia e sostenute dai rispettivi governi, le ditte produttrici di olio di palma possiedono enormi quantità di terreni a Sumatra. I mezzi di informazione sono ricchi di botta e risposta tra rappresentanti politici, lamentele dei cittadini e discorsi promettenti del Ministro dell’Ambiente; il Primo Ministro singaporiano ha dichiarato che verranno prese misure contro i responsabili, ma nessun’informazione e’ trapelata che desse dettagli sui focolai in corso. A chi appartengono le terre in fiamme? Quali sono i dettagli del disastro?
La comunicazione con i propri simili è virtuale. Le strade sono deserte e di certo non ci si ferma a chiacchierare; i dehors dei caffè e ristoranti sono vuoti, ma online i dibattiti infervorano. Ci si scrive a vicenda per sapere le condizioni di salute di amici, vicini e colleghi. SI paragonano i livelli di inquinamento registrati in zone diverse della città. Si percepisce anche un filo di perversione nell’ansia che ha colpito la città. Ieri in coda per l’ultimo modello di smartphone, oggi in coda per le mascherine igieniche dotate di filtri potenti. Chi ha le N95? Chi ha le N95? Chi ha le N95? Urlo che echeggia su tutti i social web. La ricerca di mascherine diventa un’ossessione ed è già un business. Maggie Mee sbircia dalla finestra e vede alcuni fortunati indossare la famosa mascherina dotata di filtri. Presa dal panico, anche lei ne vuole una, due, tre. Per se stessa e una di riserva se i filtri si deteriorano. Poi, una per i suoi amici. E la sua vicina anziana? E i gatti del quartiere? Ma i pochi punti vendita che ancora ne hanno in stock non possono venderne più di 3 per persona. In questo vortice di pensieri paranoici provocati da mancanza di ossigeno al cervello le viene in mente una sua amica che ha partorito la scorsa settimana. Pensa al neonato, così piccolo e già esposto ad aria malsana. Se la immagina chiusa in casa con il bebè e un purificatore per l’aria con il padre che arriva ansimante portando provviste alla sua vulnerabile giovane famiglia. Scena agghiacciante. Ma poi. Si dice. E’ forse più adattabile di noi. Il bambino è nato una settimana fa, all’inizio dell’allerta caligine, o “haze”, come e’ conosciuta da queste parti. Non conosce altra aria. Farà un po’ di fatica nei primi mesi [ma tanto l’avrebbe fatta comunque] e starà male quando si troverà in un luogo dall’aria limpida e pulita, in mezzo alla natura. Maggie Mee ferma il ciclo di pensieri. Vacca boia. Non avrà nessun luogo in cui respirare aria limpida e pulita. Nessuno. Allora. Forse questo neonato è chi sta meglio di tutti. Già in mutazione.
Maggie Mee si mette a riflettere. Alla fine, si dice, non è niente di nuovo. La cosa strana è lo scenario catastrofico davanti agli occhi e, dopo aver capito che non riuscirà mai a recuperare una maledetta N95, guarda la cartina geografica e pensa di scappare. Andare via, lasciare questa città avvolta in una nube tossica che avvelena il corpo e la mente.
-Ma dove cazzo vuoi andare?
Mentalmente fa una lista veloce dei posti velocemente raggiungibili. Ovviamente tutti avvolti nel fumo di Sumatra, solo, non abbastanza paranoici da avere i valori della qualità dell’aria aggiornati ogni ora. Dimenticati di Malesia, offuscata manco fossero in un perenne barbecue. Cina? Peggio che il fumo passivo degli incendi. Le viene in mente una recente conversazione con Ri, il suo amico andato a visitare i parenti in Cina, dove non ha portato la bambina, perché li “il cibo e’ contaminato e l’aria troppo inquinata per starsene in giro”.
-E quindi dove mangi? Dove fai la spesa?
-Il mare è pieno di schifezze buttate dalle fabbriche, per cui il pesce che compri è tutto importato da Giappone.
-Dal Giappone? Ma i livelli di radioattività sono alle stelle in Giappone.
Ri aveva fatto spallucce e l’aveva guardata in faccia senza rispondere.
Ecco che tutto diventa sempre più reale.
Indonesia? Nella mente l’immagine nitida di barche incagliate in blocchi compatti di spazzatura galleggiante, mentre i bambini corrono su prati colmi di frammenti di amianto.
AH, si dice, come si stava bene nella vecchia Europa.
Certo, dove le ciminiere sputano fumo grigio ininterrottamente da almeno 200 anni, i pesci si nutrono di mercurio e i pomodori e le patate hanno lo stesso gusto.
Maggie Mee si siede, di colpo è calma. Immagini della sua infanzia a giocare a pallavolo tra cassonetti e gare in bicicletta ad altezza tubo di scappamento le appaiono magicamente nella mente, insinuandosi e sovrapponendosi a ricordi gioiosi e bucolici, ovviamente frutto di immaginazione corroborata con la crescita. I ricordi veri sono quelli urbani in ambienti super inquinati, è così che Maggie Mee e’ cresciuta.
-Quindi, in realtà un po’ sono anch’io rodata. I miei polmoni hanno già respirato lerciume in abbondanza. Possibile non me ne sia accorta prima? Siamo fottuti da anni, saremo fottuti per anni. Oppure ci fottiamo una volta sola. Secca e potente e voilà.
Ma chi sopravvivrà’?
Tra gli esseri viventi più tenaci, forse vincono gli scarafaggi. Esperimenti hanno dimostrato che questi sporchi e disgustosi animaletti sopravvivono ai disastri nucleari. Ma non li provocano. Pensa che cretini noi, capaci a crearli ma per distruggerci da soli. Idem ora, appicchiamo il fuoco a pezzi di foresta e torbiere e ci affumichiamo riempiendoci di pulviscolo e carbonio eliminando ettari di giungla e preziosa vegetazione. Non c’e’ limite all’idiozia. Non vuole neanche addentrarsi nel pensare ai perversi interessi di multinazionali e governi che annebbiano e seppelliscono tutto per tirare su dei soldi. Soldi? Piantagioni? Investimenti? Maggie Mee non sa più se sono le polveri sottili o questi pensieri a farle persistere il forte mal di testa. Di colpo e paradossalmente, Maggie Mee ha un barlume di speranza:
-Considerando che la madre degli idioti è sempre incinta e che siamo forse più disgustosi e fetenti degli scarafaggi, confido nel fatto che ce ne vuole ancora perché la specie umana si estingua.- si dice. Questo pensiero la rincuora, e non perché l’ammirazione che prova per l’ Homo sapiens sia tale da volerne la vittoria, ma perché lei stessa e’ un esemplare di Homo sapiens (mutato in accordo con i tempi, si e’ resa conto) e questo alimenta un ultimo briciolo di spirito di sopravvivenza: non vorrebbe vivere in prima persona l’estinzione della sua specie. Nel suo limite umano, vorrebbe semplicemente restare in vita senza troppe sofferenze fino a quando non arriverà la sua ora per cause naturali non troppo dolorose per se e per chi le sta vicino. Ma ammette di aver sottovalutato l’opzione apocalisse.
-Uh, si dice.
-Meglio che ci abituiamo in fretta.
Maggie Mee si alza di scatto e spalanca la porta. In un impeto furioso, apre tutte le finestre e fa un grosso respiro.
-Smettiamo di fare gli ipocriti e diamoci alla mutazione rapida ed indotta. In fondo, è solo il fumo di incendi nella foresta primaria, un po’ come quando in campagna ci dimenticavamo di aprire la cappa del camino. Non è mica una nube di gas tossico bombardataci da paesi invasori….AH gia’, non c’e’ limite al peggio.
Una N95 la voglio comunque, se la trovo.