Gambe scoperte, caviglie arcuate accentuate da scarpe altissime e coloratissime; trucco pesante, capelli sciolti e curati, sorrisi smaglianti. Mani e piedi curatissimi, grazia nei movimenti. Camminano in gruppo, a coppie. Spesso poliglotte, molte studiano, viaggiano all’estero e possono permettersi di sognare e addirittura pianificare una carriera brillante, per lo meno quelle che vivono nella capitale, Yerevan.
Nelle campagne, nell’Armenia rurale, la situazione è molto piu’ tradizionalista. Stesso trucco e stessi tacchi, ma la libertà non è neanche apparente. Cala il sole e le donne spariscono, non fumano in pubblico e spesso non possono lasciare il proprio villaggio senza l’autorizzazione di padri e fratelli.
L’Armenia, piccolo puntino cristiano caucasico racchiuso tra potenze per lo piu musulmane, fa scoprire le proprie ragazze ma gli tiene una mano costante sulla testa e un braccio attorno alle spalle, avvolgendole come uno scialle. Sottomesse al controllo e all’autorità maschile per potere e gerarchia, crescono convinte di essere libere e amorevolmente protette da pericoli esterni. La disuguaglianza è celata dietro la parità apparente ; il gentil sesso è debole, è un fiore di proprietà maschile che si sciupa in fretta e con estrema facilità. Gli uomini hanno il dovere e il piacere di aiutarle a sbocciare e a fiorire proteggendone la bellezza da fattori esterni. La superficie è rosea, ma la frattura esiste ed è piu che altro legata alla quotidianità e radicata nella cultura tradizionale, dove i ruoli sono ben distinti e separati.
Arpine, 24 anni, studia informatica e lavora come web designer in un’agenzia. Insegna inoltre informatica ai ragazzini e collabora con uno studio di animazione con il quale ha partecipato a numerosi festival del cinema internazionali. Il lavoro e lo studio la tengono occupata gran parte della giornata, ma trova quasi sempre il tempo di andare a bere qualcosa in un caffè di Yerevan, di andare a trovare degli amici, o al cinema.
Alle undici, massimo mezzanotte, scatta l’ora X. Arpine deve tornare a casa; le ragazze non vanno in giro dopo una certa ora.
Arpine vive con i genitori; affitti e vita in genere hanno un costo troppo elevato perchè possa permettersi di vivere da sola, ma il motivo è piu che altro culturale: una donna che vive da sola non è ben vista, non si allontana dalla casa dei genitori a meno che non sia sposata, un po’ per decenza, un po’ per non rompere i legami familiari, l’unità della famiglia armena.
Lucine, 25 anni, insegnante di inglese a Goris, vicino al confine con l’Azerbaijan, è forse l’eccezione che conferma la regola. È originaria di Tatev, un villaggio a due ore di mashrutka (autobus) e vive da sola. « E’ difficile essere una donna, lavorare, essere indipendente, non sposata ed essere armena. La gente parla, controlla chi entra ed esce da casa mia, fa domande.»
Lucine abita da sola a Goris perchè è li che ha trovato lavoro. Dice di essere fortunata rispetto alle sue coetanee, i suoi genitori non solo l’hanno incoraggiata a studiare (anche se in verità lei voleva fare medicina ma poi si è ritenuto piu’ opportuno farle seguire studi per diventare insegnante…), ma quando ha trovato un posto nella scuola di Goris, suo padre l’ha persino aiutata a trovare un appartamento e a traslocare. « A volte sento che mio fratello prova imbarazzo ad avere una sorella che vive da sola, ma io gli spiego che non ha motivo di vergognarsi di me, non faccio niente di male. Se mi comportassi in modo da rovinare in qualche modo la reputazione della mia famiglia posso capire che mi si pongano dei limiti e mi si diano dei consigli. Ma non è il mio caso, non ho niente da nascondere, voglio solo avere la mia vita, senza che nessuno prenda delle decisioni al posto mio. »
Ma non è facile mantenere quest’ indipendenza senza scompensi. In primis, è difficile trovare marito; gli uomini preferiscono donne meno ambiziose e che non siano sulla bocca del vicinato. In secondo luogo, la società non è organizzata per accogliere tali situazioni.
« Forse quello che mi fa soffrire di piu’ della mia indipendenza è la solitudine. », aggiunge Lucine, « a parte il lavoro non ho vita sociale, non vivendo con la mia famiglia e non essendo sposata. Qui non siamo a Yerevan, la gente non esce, non c’è l’abitudine di andare in un caffè con le amiche semplicemente per parlare ed è inconcepibile che un uomo e una donna possano essere solo amici. »
Dopo essere stata per oltre settant’anni parte dell’Unione Sovietica, in seguito alla caduta del comunismo l’Armenia ha subito una gravissima crisi energetica e sociale legata alla guerra con l’Azerbaijan e ha assistito all’emigrazione di massa della sua popolazione. In un paese che già contava piu’ cittadini all’estero che in patria a causa di persecuzioni e terremoti, il fenomeno della migrazione e la guerra hanno ulteriormente aggravato il quadro sociale. Infatti, molte donne si sono ritrovate da sole a dover mantenere la famiglia, in un periodo di alto tasso di disoccupazione e in cui tutti i sistemi di protezione sociale, come sussidi o asili, non esistevano più.
Ora, l’ Armenia risale lentamente la corrente. Racchiusa tra Turchia, Azerbaijan, Iran, e Georgia, il governo di Yerevan ha relazioni piu o meno fluide solo con gli ultimi due paesi, trovandosi comunque in una posizione subordinata in tutti i rapporti culturali e commerciali.
La donna del Caucaso…
L’eredità sovietica è ancora molto forte ed è con difficoltà che cominciano ad aprire attività commerciali diversificate, soprattutto nei villaggi. L’intreccio tra mentalità sovietica e cultura tradizionale, dove i rapporti tra i sessi sono distinti e standardizzati, fa si che i giovani, e in particolar modo le ragazze, non abbiano punti di riferimento dai quali prendere esempio.
Gulnara Shahinian, consulente delle Nazioni Unite per l’area del Mar Nero sui progetti legati al programma mondiale per la lotta al traffico di esseri umani e direttrice dell’organizzazione non governativa Democracy Today, sostiene che la debolezza non sia dovuta alla mancanza di esempi femminili, quanto al fatto che si sia tornati ai valori tradizionali per via della crisi economica in seguito alla caduta dell’Unione Sovietica e alla guerra con l’Azerbaijan. « Non dobbiamo dimenticare », sottolinea fiera, « che in Armenia l’istruzione femminile è sempre stata valorizzata e che siamo stati tra i primi paesi a dare il diritto di voto alle donne, nel 1921. La situazione delle donne in Armenia è storicamente completamente diversa da quella di altri paesi in via di sviluppo, dove spesso le donne sono state considerate inferiori ed escluse dalla vita sociale e commerciale. In Armenia le donne sono sempre state valorizzate, istruite, rispettate e hanno sempre goduto degli stessi diritti degli uomini. Le nostre ragazze hanno quindi molte figure da cui prendere esempio. L’eredità sovietica sicuramente agisce da freno nello sviluppo dell’economia di mercato, ma è una mentalità che ha sempre coinvolto ed istruito le donne. Le crisi che abbiamo subito successivamente e le fasi di adattamento all’economia di mercato hanno fatto si che ci sia rivolti verso il passato per poterle superare e per poter sopravvivere. Tuttavia, incoraggiamo le nostre ragazze a studiare e si possono registrare moltissimi miglioramenti in tutti i campi, anche in quelli politici ed amministrativi. Solo quest’anno, ad esempio, sono state elette dieci donne sindaco grazie alle nostre attività di formazione e di pressione. Il processo di evoluzione è lento, ma è in corso, e sono del tutto ottimista sul futuro di questo paese. »
Il suo ottimismo contrasta con la visione che le donne armene hanno della propria situazione; probabilmente mette l’accento sull’ evoluzione rapida che il paese sta attraversando e sui notevoli cambiamenti avvenuti negli ultimi anni, ma forse tende a sottovalutare le varie aree in cui le donne sono comunque escluse. Magari non sulla carta, ma culturalmente.
La legge armena in materia di pari opportunità è infatti molto moderna e sottolinea la parità dei sessi in tutti i campi. Recentemente è stato adottato un programma nazionale per migliorare la condizione femminile. Uno dei punti del programma mira ad aumentare la presenza di femminile in politica e far si’ che il 25% degli esponenti dei partiti siano donne. Nonostante sia stato approvato e firmato da tutti i partiti, la realtà non corrisponde assolutamente ai principi dettati da questo ambizioso documento.
« Women Business Society » è un programma di formazione per sole donne armene, creato da una coppia di Peace Corps americani. Il programma mira a formare a livello pratico e teorico donne laureate e specializzate in modo che abbiano gli strumenti e l’esperienza per mettere in pratica i concetti di marketing all’interno della loro comunità attraverso un progetto. « Il problema principale » spiegano Phil e Hillary George, i volontari americani alla base del programma, « è la totale mancanza di esperienza. Tutte le donne che seguiamo sono laureate, molte hanno seguito master e sono specializzate, ma nessuna ha mai frequentato uno stage o ha mai avuto esperienze lavorative. A volte è la famiglia a mettere freni, spesso il fidanzato o il marito; incoraggiano le proprie donne a studiare, ma non vedono di buon occhio che queste entrino in contatto con l’ambiente lavorativo, che magari le renderebbe piu’ indipendenti e che sicuramente le allontanerebbe maggiormente da casa. »
La base culturale della mancanza di pari opportunità nella realtà quotidiana è confermata dai risultati di un sondaggio recentemente condotto da Gohar Shahnazaryan, direttrice del Women Resource Centre all’Università di Yerevan.
Le persone intervistate, indipendentemente dal genere o dall’età o dalla condizione economica, hanno dichiarato di non considerare «discriminazione sessuale » o « mancanza di pari opportunità » la netta distinzione dei ruoli tra i sessi presente nella società. Educare maschi e femmine a svolgere ruoli e responsabilità diverse all’interno della famiglia, dare maggiori possibilità di studiare ai figli maschi piuttosto che alle femmine, se in condizione di problemi finanziari che permettano di sostenerli entrambi, sono considerati comportamenti normali e non discriminanti. Lo stesso vale persino per la violenza domestica nei confronti delle donne. Nella vita professionale la percezione è la stessa; la legge sostiene la parità di retribuzione, ma gli intervistati hanno risposto che il fatto che le donne vengano pagate meno, anche se svolgono la stessa funzione degli uomini, è socialmente accettato e non è considerato anomalo. Il divario tra legislazione e comportamenti puo’ essere spiegato dalla mancanza di informazione degli intervistati, molti dei quali non erano a conoscenza delle convenzioni internazionali firmate dal governo e delle politiche di pari opportunità che vengono portate avanti dalla società civile. A proposito di pari opportunità, è stato riscontrato un paradosso, ovvero la concezione degli intervistati del principio di pari opportunità. Molti lo associano al modello di società occidentale e quindi alla distruzione dei legami familiari. Nonostante possano in genere definirsi d’accordo con il voler migliorare la condizione femminile, hanno paura che possa intaccare quello che gli armeni hanno di piu’ prezioso: la famiglia.
L’Armenia sta attraversando una transizione, ed è probabile che la complessità dei cambiamenti sia difficilmente percepibile in tutti i settori. Il divario tra le opinioni di esperti, la legge e le esperienze personali di coloro che vivono la realtà sulla loro pelle è notevole, ma è probabilmente una questione di percezione. Un po’ come un bicchiere visto mezzo pieno o mezzo vuoto: quello che per alcuni è un già un traguardo, per altri non è abbastanza. È quindi necessario che l’impegno continui da tutti i fronti perchè la percezione corrisponda sia ai dati che alla realtà delle cose. Soprattutto i giovani devono darsi da fare, perchè è la prima generazione ad avere cosi’ tante opportunità e possibilità di far evolvere le cose, senza dover per forza negare i valori tradizionali e rinnegare la propria famiglia.