Distrutta, incredula e basita mi siedo al tavolo dopo aver omaggiato il santo protettore degli squatter che tanto mi ha dimostrato la sua protezione nel corso degli anni e che continua, costante, a tenermi sotto la sua buona stella e mi accingo a degustare una bella zuppa di Miso ricavata da bustine di origine dubbia ma di gusto certo visto che chimicamente ottenuto.
La brodaglia è quindi bella calda e l’aria ancora sa di incenso e libagioni, il rumore della strada non raggiunge il 25° piano nell’appartamento in cui ora risiedo, e anche il calore è attutito dall’altezza o abbassato a forza di colpi di acceleratore sul telecomando dell’aria condizionata. La calma mi circonda, l’atmosfera è accogliente, ma la mente ancora non riesce a placarsi, nonostante l’oretta passata tra le vasche olimpioniche e la jacuzzi idromassaggio situate al pianterreno della dimora concessami dal santo sopra citato.
Nelle ultime settimane ho assistito ad alcune delle lezioni frontali più significative della mia vita. Non tanto per avermi trasmesso valori e concetti che mi hanno fatto diventare più sapiente o intelligente, quanto per avermi messo violentemente di fronte al desiderio dell’essere umano di agghindarsi di drappi luccicanti per coprire la sua nudità e volgarità. Ma cerchiamo di andare in ordine.
E stato un susseguirsi di eventi all’insegna dell’assurdità culminatosi con la sottoscritta nelle veci dell’insegnante madrelingua di francese in una scuola media cattolica privata maschile nel quartiere super figo di Singapore. Le ragioni per cui il mio profilo non è il più adeguato per questo ruolo sono troppo ovvie per essere elencate, per cui mi limito a citare la situazione finale per esemplificare la dimensione finta e apparente dietro la quale si cela la realtà.
Nulla di cui spaventarsi, nulla di particolarmente strano. Semplicemente la continuazione della scoperta di mondi che esistono se non da sempre da molto, e che comunque sono molto più stabili per non dire fossilizzati di quanto non possa esserlo io quando mi siedo sul divano e non riesco ad alzarmi.
Tutto ha inizio con l’apertura di quello che è già diventato il nuovo simbolo, la nuova icona di Singapore, il Marina Bay Centre. Tre grattacieli con un solo tetto che funge da giardino-piscina e che all’interno ospitano casinò, ristoranti e negozi esclusivamente di super mega extra lusso.
Ma credo che anche se mi sprecassi in descrizioni minuziose non riuscirei a trasmettere l’imponenza e la tamarraggine del complesso. Prego di visitare il sito www.marinabaysands.com per avere almeno un’idea della forma della struttura. È talmente straordinaria che, molto umanamente, tutti associano al proprio bagaglio culturale e, indipendentemente da paese o cultura d’origine, tutti adattano, ammirano e inseriscono nel proprio immaginario. Eh beh certo. Volevamo far contenti tutti.
Per gli americani il tutto è riassumibile in un monumento al surf, con la terrazza sul tetto che sembra una shortboard per la forma e decisamente una longboard per le dimensioni; gli inglesi e gli indiani ci vedono un monumento innalzato al cricket, con i grattacieli a fungere da stumps (i paletti verticali) e il giardino aereo da bails (le traverse). I cinesi, in perenne scarenzo da gioco d’azzardo, hanno goduto all’unisono quando ha aperto l’ultimo casinò di Singapore. Al massimo considereranno il negozio mezzo subacqueo di Louis Vuitton per comprare un paio di borse originali, ma per il resto casinò-casinò-casinò. I malay, i filippini e gli immigrati dal sub-continente sperano di lavorarci, i koreani sono già in trattativa per farne una simil-copia a casa loro.
Per non parlare di tutti gli altri…
”Ne farete uno simile anche in Italia?” chiede un giornalista avido alla conferenza stampa.
L’imprenditore settantenne in questione si accarezza i capelli di colore rossiccio da poco trapiantati, svela un sorriso bianco impiantato per l’occasione e si sistema sulla sedia di velluto (tanto la temperatura della sala è resa gelida dall’aria condizionata a palla, quindi non c’è pericolo che il tizio posticcio sudi troppo):
“Ne ho già parlato varie volte con il mio amico Berlusconi e con altri esponenti del governo italiano e potrebbe essere un progetto interessante.”
E a me viene voglia di buttarmi giù dal terrazzo aereo.
Sarò forse tradizionalista. Borghese con la puzza sotto il naso che trova gli arricchiti volgari. Una di quelle persone senza gusto per il lusso e per il progresso, antiquata e pure fricchettona, come dicono gli amici di mia madre quando mi presentano alle loro fidanzate.
Sarà che nonostante mi trovi attualmente nel posto meno adatto e sto procedendo (a livello personale e professionale) nella direzione opposta per fare la seguente citazione, forse sono d’accordo con Filippo Bologna quando dice “Lo sai che piuttosto che vivere in questo prototipo di presente abitabile, in questo progetto di mondo in scala 1:1 disegnato a immagine e somiglianza di geometra, in questo sogno di futuro rassicurante come un manifesto da campagna elettorale, preferisco morire col colpo in canna.”
Sarà che quando ho visto il consiglio di amministrazione dell’azienda che ha ideato il Marina Bay Sands (gli stessi che possiedono metà Las Vegas) illustrare la cartina del mondo come se stessero spiegando le regole di Risiko ho avuto l’ennesima conferma che non ho veramente capito una mazza del funzionamento del mondo malgrado i corsi di economia politica e le letture impegnate.
Così mi sono fatta attenta. Magari ora capisco. Bene.
L’amico dai capelli posticci rossicci sopracitato (che essendo amico del nostro amico compatriota diventa automaticamente anche amico nostro) ci spiega infatti che il mondo può essere suddiviso in cerchi concentrici che delimitano i mercati. Come quando si lancia una pietra piatta nell’acqua, così i nostri benefattori costruiscono un resort integrato in qualche angolo di mondo. Da lì, si crea un effetto mulinello\calamita. Come un mulinello, influenza i vicini. Come una calamita, li attrae. Come una pietra che cade nell’acqua, si stabilizza sul fondale e permette a pesci e molluschi (avete letto bene, pesci che abboccano e molluschi che ci vivacchiano) di usarlo come abitazione. Allo stesso modo, i mercati target vengono colpiti, la loro popolazione abbindolata con promesse di posti di lavoro (che potranno essere solo pulisci cessi e camerieri, nel migliore dei casi croupier, visto che le possibilità di essere proprietari o investitori rimangono nelle mani degli energumeni che hanno lanciato la pietra come un’esca) e il resto del mondo subisce un effetto rinculo sempre più debole man mano che ci si allontana dall’epicentro.
L’amico dal capello effetto fluente si sistema meglio sulla sedia mentre procede nella descrizione agghiacciante della sua idea di conquista del mondo. Ed è talmente serio che mi è venuto a varie riprese il dubbio che fosse uno Yes Man nelle veci di un imprenditore squalo. E invece no. Tutto vero.
Okay, cerchiamo anche i lati positivi di questa mastodontica opera architettonica che “si integra con il panorama cittadino” e che concede alla popolazione un motivo di orgoglio, una fonte di occupazione, un’ulteriore destinazione per trovare sollievo dal calore esterno e una fantastica passeggiata sul lungomare lunga ben 22 km. Non tutto il male vien per nuocere, neanche a me. Non vorrei sembrare una che sputa disgustata nel piatto in cui mangia. Il nuovo “resort integrato” super lusso ospita anche il centro congressi più grande dell’Asia, il che mi promette molto lavoro all’orizzonte.
Lavoro e chicche di saggezza colte qua e là.
Infatti il secondo capitolo della storia che mi porta ora ad essere devastata psicologicamente, a riflettere su realtà e desiderio di apparenza e obbligata a tirarmi su il morale con una zuppa di Miso istantanea ha luogo esattamente nella stessa location. Dove, carta e penna alla mano, mi trovo al convegno internazionale annuale di un’azienda che vende aspirapolveri a domicilio.
Soprassiedo sul motivo della mia presenza, sorvolo la descrizione di scene tipo i cori da stadio, la sessione di karaoke, le testimonianze strappalacrime su come l’azienda ha salvato la vita a giocatori d’azzardo pieni di debiti e a casalinghe annoiate e la colonna sonora propagandistica. Preferisco non accennare alle code per avere l’autografo del direttore esecutivo dell’azienda, né al video della giornata tipo che mostra gente entusiasta al lavoro fino alle dieci di sera o ai viaggi aziendali. Preferisco evitare per non dilungarmi e per concentrarmi su alcuni insegnamenti copiati papale papale da una delle presentazioni power point.
Dico. Magari potranno rivelarsi utili.
Regola numero 1 per riuscire nella vita: non guardare mai i telegiornali o leggere i giornali o interessarsi di cosa succede nel mondo.
Regola numero 2: evitare i depressi e circondarsi solo di persone ottimiste.
Regola numero 3: avere sempre in mente cosa ci rende felici (frase accompagnata da foto di rolex, lamborghini, diamanti e ville)
Riguardo i miei appunti perplessa.
Il tizio continua.
“The world sucks.”
“Per quale motivo interessarsi alle notizie, se tanto succedono sempre cose brutte? A cosa può mai servire sentire i discorsi di tristi e presi male per il nostro successo? Ci può solo deprimere. È quindi controproducente frequentare quella gente!”
-Al che ho ringraziato che mio padre non fosse presente altrimenti ci sarebbe stato almeno un omicidio, un suicidio o sicuramente una morte improvvisa.-
Il tizio va avanti, elencando i grandi obiettivi della vita.
Che si possono riassumere in una parola di quattro lettere: cash.
Semplice no?
“Immaginate! C’è chi studia per anni, poi diventa professore all’università e non si potrà mai sognare di guadagnare quanto chi fa carriera da noi!”
Ora, non voglio fingere di odiare il dio denaro, perché ammetto che qualche cero l’ho acceso anche a lui, ma continuo (ingenuamente, ingenuamente, ingenuamente) a venerare di più la dea sapienza e il sopracitato santo squat. Forse il tipo dice semplicemente la verità? Quello che conta è il cash, il resto sono fandonie?
Ora capite il mio stato d’animo e capite che, mentre la mia zuppa di Miso si raffredda lentamente e diventa sempre più una poltiglia rivelatrice della sua natura industriale, io sia portata a farmi due domande.
Diciamo che c’è stato un innalzamento generale. Apparentemente del livello di vita, ma, se analizziamo la situazione da vicino, ci rendiamo subito conto che l’innalzamento è stato solo fisico. Moralmente parlando, non ci siamo mai trovati così in basso.
Fisicamente però, siamo ai piani alti, ora. Io nel mio condo al 25° piano, il Marina Bay Sands con i suoi 55 più la piscina a 200 metri d’altezza, ma in nessuno dei due casi l’elevarsi sulla città rispecchia un cambiamento effettivo o un miglioramento di status di qualche tipo. Io continuo ad essere la stessa spedrata senza permesso di soggiorno né di lavoro, senza lavoro stabile, che occupa stanze nel mondo a caso e che viene spedita a insegnare francese spacciata come madrelingua in una scuola costosissima di soli maschietti indottrinati dalla religione cattolica nel bel mezzo dell’Asia. Il Marina Bay Sands è venduto come manna per il continente, ma non è altro che la replica del dominio di pochi su molti camuffata da specchio per le allodole. E l’indottrinamento (come se ce ne fosse bisogno) si svolge nel corso di presentazioni power point e comprende santini fatti con foto di auto e articoli di lusso mentre si prega di poterli un giorno possederli anche noi e miti creati attorno a personaggi aziendali che “from rags to riches” si sono arrampicati sulla scala sociale come i migliori free-climber.
Ostentare vs possedere.
E pensare che i Romani, all’apice del periodo di orge e banchetti e lusso sfrenato, avevano addirittura introdotto delle leggi per limitare il lusso e gli sprechi. Loro, i campioni dell’ostentazione. Non abbiamo imparato niente.
La zuppa di Miso è ormai da buttare (ma tanto nella confezione ci sono altre 7 bustine) quando giungo con amarezza alla conclusione che anche io sto abboccando all’esca e sto cercando una nicchia in questo mondo luccicante in cui crostificarmi credendo di trovare così la felicità.