L’occhio di Sekai vede teste bianche e calve, fili biondi e mani lisce, pentole che bollono sul fuoco e figure muoversi lentamente ma con metodo e precisione tra la cucina e la sala da pranzo. L’orecchio di Sekai è immerso in una lingua ostica e nordica, quella che non è mai riuscita ad imparare bene, quella che non si sposa con il suo aspetto, con il suo palato o con le sue voglie; la lingua riflette i modi e di colpo fa freddo, di colpo gli alberi hanno le foglie gialle, di colpo mangiare all’aperto non è più’ un lusso ma una condanna. L’atmosfera è famigliare, la pressione energetica e relazionale pesante.
Sono anni che Sekai si sveglia ogni mattina e si auto-convince di aver fatto la scelta giusta. Sono anni che cerca nelle piccole cose quello che le può’ strappare un sorriso, dicendosi che non le vuole le rughe con le punte all’ingiù’ come quelle di Martha, rovinata da quello sguardo da cane bastonato e dai movimenti languidi in abiti stinti e sformati. Ora pero’, quel sorriso pesa su Sekai come un macigno ed è impossibile mantenerlo aperto e raggiante. Banalmente si spiegherebbe per divergenza di cultura, per incomprensioni di comportamenti e aspettative, ma Sekai sa che c’è di più’. Sa che in casa si è insinuato un’odore pesante di donna che non è il suo.
Cerca la complicità’ di Meshak, suo figlio, per la sua estraneità’ a questa lingua dura e quest’atmosfera semi-formale a cui sa che anche lui è un po’ allergico. Lo fa d’istinto. D’istinto lo cerca con gli occhi. Per un attimo lo trova, ma poi, guardando bene, scrutando in quegli occhi scurissimi che conosce tanto bene, vede la lente. Vede la lente con cui lui sta osservando la scena; pensieri e sensazioni offuscati dalla lente del testosterone. Meshak ha il naso per aria come Ulrich, l’uomo che ha sposato e per cui si è trasferita in questo paese. Entrambi gli uomini, uno giovane e facilmente emozionabile, l’altro metodico e sicuro di sé, hanno il naso per aria e non sentono altro che l’odore emanato da Martha ad ognuno dei suoi movimenti lenti e svogliati. La sigaretta in bocca e lo sguardo vivo, Martha scuote i capelli biondi e si dilunga in un commento complesso, i due la guardano e annuiscono, Sekai si alza a testa bassa e striscia verso la cucina e si impone di non chiedersi, di non farsi domande.
Sekai non ha complice. Persino Meshak l’ha tradita, schierandosi dall’altra parte senza neanche rendersene conto. Aveva bisogno di questo?
Sekai si ritrova da sola e tira quindi fuori i suoi occhiali, uno degli oggetti immaginari più utili che si porta dietro da quando era piccola. Sono gli occhiali che le fanno vedere quello che vuole, sono gli occhiali che le fanno apparire scene amiche e di conforto nei momenti difficili, ma sono anche occhiali che le permettono di stendere spessi strati di ironia e cinismo su scene tristi ed immobili.
Quando Sekai mette gli occhiali, “vede”.
Spesso, si vede camminare per strada con addosso dei comodi, aderenti ed attillati stivali alti fino al ginocchio. “Mi tengono stabile, sono comodi e so che mi porteranno dovunque vorrò’ andare ed oltre.” si dice. Sotto le suole degli stivali spuntano delle radici. Radici che si porta da sempre, abituata a spostarsi, radici che le danno la sicurezza di avere sempre i piedi nella terra in cui è cresciuta, nonostante gli spostamenti. Le radici non hanno mai disturbato la sua falcata. Sekai sente che le radici ci sono, danno gravita’ e sicurezza e solo lei le può’ vedere quando si guarda i piedi.
Alle scapole, invece, sono oramai spuntate da tempo due ali. Sono cresciute e diventate piccole agili alette bianco piumate. Leggere e comode da portare, le danno la sicurezza di poter spiccare il volo per andare dove le pare. Da qualche giorno, quando si mette gli occhiali nei momenti di sconforto, si immagina di indossare una collana.
Sekai ora sorride quando la sente pesare sul collo.
Sente il peso che le copre il petto, proteggendo il suo interno da ogni attacco e ornando il suo corpo dei suoi successi. Ogni ciondolo della collana rappresenta una vittoria, una piccola soddisfazione, un nodo risolto che l’ha resa quello che lei è adesso.
Un diamante fa parte della collana “dei nodi risolti”. Il diamante è il ciondolo centrale e il più’ pesante e prezioso. Sekai ha notato che il diamante brilla di più’ nei passeggeri momenti di scoraggiamento. Quando periodicamente il dubbio la fa contorcere, quando la gelosia o l’ansia vengono a bussarle alla porta, ecco che il diamante si ingrandisce e brilla, facendole notare lo splendore e inestimabile preziosità’ della consapevolezza acquisita.
Indossa la collana con la mente anche quella sera, ma al confermare la sua impotenza nei confronti di questa donna, che sciorina una frase dopo l’altra e non si cruccia di alzare un dito per dare una mano in cucina, e all’insistenza di Ulrich che la vuole presente per poter poi rinfacciarle la sua ignoranza quando saranno da soli, la collana pesa come un macigno, il diamante è piccolo e inerte.
Di colpo, pero’ Sekai sente che il diamante pulsa, lo sente vivo. Più si concentra sul diamante, più il diamante cresce e si ingrandisce ad ogni respiro. L’impatto è troppo forte e le manca il fiato, lacrime agli occhi e ha bisogno di sedersi prima di ritornare a tavola in terrazza. Si siede qualche minuto per riprendersi, concentrandosi sul diamante splendente e sugli altri ciondoli e nodi della collana.
Fa un profondo respiro alzandosi ed esce a prendere un po’ d’aria.
La luna è piena e alta e la chiama a gran voce. Sente le vibrazioni nella pancia, al basso ventre.
La luna chiama la donna che lei è e le dice di ascoltarsi.
Sekai risponde alla luna, la voce le esce senza che se ne renda conto e si confida.
“Lame mi attraversano il ventre da ogni lato,
lacerandomi di dolore.
Ma ne escono petali di rosa rossi, intonsi.”
Chiude gli occhi un attimo e si da’ forza, raddrizza a fatica le spalle e torna in casa. Torna a cena e nota con piacere che la collana è sempre lì, bella e maestosa, le orna il petto come se fosse la regina di Saba.
La tavola è sparita e vede turbanti colorati e forti pacche sulla spalla date da pesanti mani nere come il carbone. Vede denti brillare nel buio e nota che molti dei presenti hanno gli incisivi separati come lei. Sente ritmica di percussioni e risate argentine al posto del silenzio di tomba e, quando manzo e patate vengono portati in tavola, ecco che Sekai vede Mamma Africa riempirla di platani fritti all’aroma di noci, miele, uvetta e peperoncino. Si guarda ed è a gambe incrociate, seduta per terra e non a un tavolo con piatti e posate.
Dopo la cena si ritrova in cucina a lavare i piatti e a ballare e non è lei, ma un tornado interiore a muovere la danza. Il respiro è profondo, la casa finalmente vuota, sono tutti usciti a “bere qualcosa”.
Balla e nota di non avere addosso né ali né stivali, ma solo la collana, solo ciò che di bello è riuscita a costruire, a snodare e a rendere solo suo. Brilla il diamante e cadono i confronti, le incomprensioni sfumano e le tenaglie che le stringevano lo stomaco allentano la presa. Respira profondamente e il diamante comincia a scaldarsi, sprigionando un aroma forte e speziato che in un attimo riempie la stanza. L’odore è profumo, sono chiodi di garofano, miele e cannella, è chiaramente il suo odore di femmina. Il diamante pulsa ed è bollente, scie di profumo inondano gli spazi della casa, uno dopo l’altro.
Sekai è come in trance quando ad occhi chiusi comincia lentamente a camminare per le stanze, sfiorando mobili e tende, oggetti e vestiti come se li stesse rivestendo di una patina fatata. Accarezza le pareti e parla alle fotografie, sussurra dolci parole e rivanga piacevoli ricordi in ogni centimetro.
L’odore è talmente forte che ad Sekai gira la testa. Si sdraia sul letto e lentamente si sveste. A ogni gesto, una zaffata la colpisce in piena faccia come un ceffone e Sekai si sente svenire. Non è nauseata, ma colma. Assetata da quest’odore, fa grandi respiri e si riempie i polmoni, inebriata e soddisfatta. Piano piano si rilassa, il territorio è purificato e nuovamente marcato, e si addormenta, con la collana splendente intorno al collo.