LONDRA-KUALA LUMPUR
Panico epidemia febbre suina. Al check-in chiedono, al pari delle domande di routine su chi e come Ë stato fatto il bagaglio, se si presentano sintomi di tale malattia. Non so neanche quali siano, i sintomi. Rispondo ovviamente no a tutte le domande e di colpo mi parte un colpo di tosse. L’hostess al bancone mi guarda con sospetto dall’alto in basso ma mi dà comunque la carta d’imbarco.
Poco dopo, mentre in un angolo cerco maldestramente di ridurre il peso del mio bagaglio a mano, ascolto una conversazione tra un’addetta dai tratti asiatici e due uomini armati della sicurezza. Lei gli comunica il suo nuovo ruolo: osservare i passeggeri in uscita dall’Europa verso l’Asia ed identificare soggetti che presentano sintomi di qualche tipo (sintomi di quale tipo?) per impedirgli di partire e\o segnalarli alla compagnia aerea che provvederà a farli mettere in quarantena una volta arrivati a destinazione. CosÏ evito di schiarirmi la gola proprio in quel momento.
Ritrovo la stessa faccia tonda all’imbarco del mio volo. In realtà non la noto subito ma, sentendomi osservata mentre mi soffio il naso, mi giro e la vedo che mi guarda con sospetto. Metto subito via il fazzoletto e faccio finta di niente o, meglio, cerco di sembrare il più possibile SANA. Finisco cosÏ di scaccolarmi in bagno, mentre aspetto che annuncino il volo…e per tutto il viaggio continuo a tossire piano o di nascosto, per non farmi notare. Hanno di nuovo ripetuto, all’altoparlante dell’aereo, di segnalare eventuali passeggeri che presentano sintomi tipo tosse o starnuti…diciamo che Ë una maglia un po’ larga!
La psicosi della febbre suina non si placa, al contrario.
Noi che sbarchiamo da paesi mediamente a rischio (non oso immaginare la trafila per i voli da Stati Uniti e Messico…) veniamo introdotti in un hall enorme e accolti da addetti alla sicurezza e personale medico armati di mascherine e attrezzi vari. Ci viene dato l’ennesimo foglio in cui dichiariamo di non presentare sintomi (qui vengono elencati, ma sono talmente vaghi che, a furia di sentirmelo dire, me li sento addosso tutti) e poi fatti mettere in coda. Qui il personale medico mi scruta in volto e negli occhi da dietro un aggeggio con una lente enorme. Io sorrido, sperando che non mi scappi un colpo di tosse. Devo essere sembrata abbastanza sana perché mi fanno saltare la seconda coda, dove il personale medico misura pressione e temperatura. Io vengo subito spedita alla terza ed ultima coda, dove mi viene dato un foglietto rosa che indica il mio stato “non infetto” e dove un ragazzo da dietro la mascherina sbofonchia (intuisco ma non capisco) di rivolgermi immediatamente a un medico in caso riscontrassi sintomi quali febbre, tosse, influenza.
Il tutto si svolge molto velocemente, è molto organizzato, ci sono persino addetti specifici per indirizzare la gente all’operatore libero e fanno in modo che la coda si smaltisca il più in fretta possibile.
Anche se sollevata e fiera di aver ottenuto il lasciapassare rosa, hanno talmente martellato sulla malattia che sudo freddo. Sbalzi di temperatura, dall’aria condizionata gelida dell’aereo al caldo appiccicoso degli ambienti esterni e poi la fatica di trascinare dietro tutti i bagagli. Non mi sento tanto bene, devo avere la pressione bassa. Ma dissimulo, mi manca solo finire in quarantena a Kuala Lumpur per sospetta febbre suina.